PUR SENZA
VERI OCCHI …
Angelina ha la sua dimora d'elezione nell'intenso
paesaggio
fatto di luci e ombre di Trieste.
Sembra che proprio da lì prendano origine quelle sue
creature femminili dai contorni netti e precisi. Ma
ancora più evidente è l'irrealtà delle sue immagini,
sospese come sono tra la bidimensionalità assoluta e
l'enigmaticità degli sguardi di quelle creature.
Creature ingabbiate, incastrate, bloccate in una
prigione di linee dalla quale non hanno nessuna
intenzione di uscire. Non gli importa, il loro sguardo,
pur senza veri occhi, è oltre, al di là del piano a due
dimensioni in cui sono relegate, piene di una nobiltà
che ci è ignota.
A. R. sembra aggrapparsi tenacemente al suo vissuto, le
origini nordiche, la terra di sua madre, l'olanda, di
cui echeggia la memoria negli sguardi freddi, ma solo
apparentemente assenti. E' assai probabile che la sua
arte, senza l'esperienza della materia che si fa
decorazione di volti, dunque trucco professionale per il
cinema, sfilate, video, avrebbe sicuramente avuto un
percorso assai diverso. Crete, oro, amaranto, campiture
sfumate e le linee sinuose che ci fanno pensare ad un
rimmel che contorna occhi altrimenti vuoti e senza
espressione.
Ma si ritorna all'arte, ci viene in mente la
Mitteleuropa di Egon Schiele, e ci siamo proprio dentro,
Trieste, ma in un tormento più contenuto, filtrato da
una sensibilità cresciuta in Italia, che si porta dentro
i colori mediterranei, il vento e il mare di Trieste.
Gabriele Pisaneschi |